COMUNICATO STAMPA SULL'ARRESTO DI DOMENICO LUCANO

L’arresto e prima ancora l’indagine della Procura di Locri sul Sindaco di Riace e sulla gestione del sistema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei rifugiati in quel Paese ci interroga sullo stato del diritto e della tenuta democratica e prima ancora civile di questo Paese.

 


 

Non vogliamo entrare nel merito delle accuse o delle eventuali responsabilità del Sindaco Lucano, che sono e saranno oggetto del vaglio dell’Autorità Giudiziaria.

Dobbiamo però evidenziare che le indagini della guardia di finanza, acriticamente riversate in una richiesta di misura cautelare della procura di Locri (come lo stesso GIP ha evidenziato), hanno avuto il chiaro obiettivo di colpire un sistema di accoglienza dei migranti e dei richiedenti asilo che è stata da molti osservatori anche internazionali ritenuta una eccellenza del sistema italiano di accoglienza. Proprio sulla gestione del sistema di accoglienza si sono incentrate in particolare le indagini, e proprio il risultato di queste indagini è stato dal GIP ritenuto inidoneo a far ritenere sussistenti i gravissimi reati contestati al Lucano e ad altri, primo fra tutti il reato di associazione a delinquere. Un teorema accusatorio che quindi ben poco ha retto al primo vaglio del GIP.

Tutto questo in un momento in cui il Governo sta tentando di chiudere le porte all’accoglienza, abrogando le misure più avanzate e attente ai migranti. Il Decreto Legge Salvini su immigrazione e sicurezza ha infatti tra i propri punti qualificanti proprio l’azzeramento di un sistema di accoglienza diffuso ed attento ai percorsi di integrazione in favore della logica dei grandi centri, dei “campi” in cui concentrare i migranti rendendoli invisibili all’esterno.

Restano, certo, episodi e condotte che dovranno essere approfonditi e giudicati; episodi e condotte che però per quel che ad oggi possiamo conoscere delle indagini (stralci delle quali come vedremo sono stati illecitamente divulgati) non sono significativi di una “malagestione”, di una mafia dell’accoglienza sulla pelle dei migranti quali oggetti di imprenditorialità e non soggetti di accoglienza (come invece accaduto in altre situazioni, per esempio nelle indagini romane), ma di una volontà di aiutare per motivi umanitari, anche al di là e magari anche in violazione delle leggi (ed è questo che dovrà essere accertato).

A coronamento di questo teorema la stessa Procura della Repubblica di Locri ha ritenuto di dover utilizzare una modalità di veicolazione delle proprie valutazioni del tutto avulsa dal sistema codicistico, ricorrendo all’utilizzo di un comunicato stampa (come a dire che è la procura a volere, o forse a pretendere, la mediatizzazione del proprio teorema accusatorio).

Un comunicato lungo ed articolato che, lungi dal soddisfare una magari comprensibile (seppur non necessariamente condivisa) esigenza di chiarezza sul contenuto di un provvedimento giurisdizionale (come sarebbe accaduto ove ci si fosse limitati a comunicare il tipo di misura cautelare disposta ed il titolo dei reati per i quali essa è stata disposta), si è avventurato nella vera e propria pubblicazione di stralci di atti di indagine (in particolare di intercettazioni telefoniche), decidendo la stessa Procura, evidentemente, di sottoporre al “Tribunale mediatico del popolo” la decisione sulla colpevolezza del Sindaco Lucano. Scelta, questa, significativa di una volontà di sottrarre alla sua sede naturale - l’aula - la conoscenza, la valutazione e la conseguente determinazione in merito agli esiti delle indagini, per mediatizzare il processo e ricevere comunque una “condanna popolare” anticipata dell’accusato.

Si tratta di una modalità che oltre ad essere culturalmente inaccettabile, è anche giuridicamente illecita, dovendosi ritenere sussistente il divieto di pubblicazione di cui all’art. 114 del codice di procedura penale, che vieta la pubblicazione anche parziale dell’atto sino a che non siano concluse le indagini preliminari. Violazione di una norma procedurale che, oltre a costituire illecito disciplinare per il pubblico ufficiale che se ne renda responsabile, costituisce anche reato, ed è tanto più grave in quanto commessa da una delle parti processuali, da quella che istituzionalmente avrebbe la funzione di “cercare” la verità (qualunque essa sia, sia contro che a favore di chi ritiene responsabile di reati) e non certo di mediatizzare le sue opinioni o teorie.

A tale modalità di gestione delle indagini e di pubblicizzazione delle stesse (è vero, non certo nuova per una parte della magistratura inquirente e prima ancora della polizia giudiziaria, ma non per questo meno pesante) si accompagna la ulteriore mediatizzazione e strumentalizzazione da parte politica della vicenda, con il tweet del Ministro dell’Interno che con toni forse più adeguati ad un hooligan da curva che ad una carica istituzionale ha mostrato la sua feroce felicità per l’arresto del sindaco Lucano (evidentemente prima ancora di poter adeguatamente conoscere il contenuto dell’ordinanza del GIP).

Processi a tema e mediatici, violazione di quelle elementari regole di riservatezza di chi dovrebbe solo condurre le indagini, elevazione dei social media a fonti del diritto (il Ministro dell’Interno ha dimostrato infatti che ritiene di poter impartire ordini, quali la chiusura di porti, via twitter), spregio per le vite di chi muore sempre di più nel Mediterraneo, trattamenti inumani e degradanti, guerra aperta a chi tenta di salvare vite obbedendo alle regole del diritto naturale, lotta ad una accoglienza che tenti di essere attenta alle esigenze ed ai diritti dei migranti e che tenda a reali percorsi di integrazione, divulgazione di messaggi esplicitamente razzisti e discriminatori, sono tutti preoccupanti segnali di una deriva verso tempi bui per la tenuta culturale e democratica del nostro paese.

Per arginare questa deriva è nostro compito come avvocati, ed è compito di chiunque abbia a cuore i principi di uguaglianza e solidarietà che permeano la nostra carta fondamentale, non solo vigilare ma anche “lottare”, fare quanto nelle nostre competenze e facoltà per ristabilire quelle regole minime di umanità prima ancora che di diritto che sembrano oggi cedere all’individualismo e al gretto razzismo.

A fare ciò, come persone, avvocati, membri del Legal Team Italia, chiamiamo tutte le persone che amano questo paese e l’umanità.

Quali avvocati componenti del LTI mettiamo a disposizione del sindaco Lucano le nostre competenze in ogni sede.

 

3 ottobre 2018

 

LEGAL TEAM ITALIA